Ti insegnano sempre a respirare, a farlo correttamente e ad applicare questa pratica anche nei momenti più difficili, quando tutto ti sembra sfuggire di mano e l’attacco di panico è ormai alle porte. Ma hai mai provato, in quegli attimi, a non-respirare?

Controllo del respiro e mente
Saper controllare il respiro è il mezzo più veloce per controllare la mente.
Hai mai notato che, quando ti immergi in acqua trattenendo il respiro, la mente smette di pensare? La senti entrare in uno stato che raramente provi durante qualsiasi altra attività.
Infatti, il respiro può essere controllato dall’assoluta ritenzione del respiro (kevala-kumbhaka) o dalla regolazione del respiro (pranayama).
Molto semplicemente, questo consiste nel trattenere fermamente l’energia vitale nel cuore senza esalazione o inalazione. Puoi raggiungerlo non solo durante la meditazione, ma anche come metodo per placare la mente in momenti di forte stress, che spesso sfociano in attacchi di panico o ansia.
Regolazione del respiro (pranayama)
La regolazione del respiro è il controllo cosciente del ritmo respiratorio: inspirazione, espirazione e ritenzione vengono bilanciate e dosate. È il “quadro generale”, cioè imparare a gestire ritmo, durata e intensità del respiro.
Secondo la mia esperienza, richiede molto tempo e, in un contesto specifico come la scuola o il lavoro, può diventare difficile da applicare. In situazioni ansiogene, infatti, è complicato ricordarsi tutti i passaggi, specialmente se hai la fretta di tornare in classe o alla scrivania.
Io ho provato questa tecnica per calmare l’ansia al lavoro, ma onestamente mi generava ancora più ansia e frustrazione. Quando lo stato nervoso è troppo forte e devi gestirlo in tempi ristretti, può capitare di dimenticare tutto e di eseguire male l’esercizio. Così, tornavo alla scrivania ridotta peggio di quando l’avevo lasciata.

Ritenzione del respiro (kevala-kumbhaka)
La tecnica della ritenzione del respiro consiste nel trattenere fermamente l’energia vitale nel cuore attraverso inspirazione, espirazione e trattenimento del respiro, secondo la disciplina dello Yoga.
Lo scopo è aumentare la concentrazione, dirigere l’energia vitale (prana) e calmare la mente in profondità. È una fase statica del respiro: non entri né esci, resti nel vuoto o nel pieno.
Le quattro fasi del respiro nello yoga
1. Puraka (Inspirazione)
- L’aria entra lentamente e in modo controllato.
- Si riempiono prima addome, poi torace, poi parte alta dei polmoni (respirazione yogica completa).
- È l’atto di assorbire energia vitale (prana).
2. Antar Kumbhaka (Ritenzione a polmoni pieni)
- Dopo aver inspirato, trattieni l’aria senza tensione.
- Si mantiene il respiro “in pausa” mentre l’energia si distribuisce.
- Questa fase calma la mente, rinforza la concentrazione e “trattiene” il prana dentro di sé.
3. Rechaka (Espirazione)
- L’aria esce lentamente, dal naso, svuotando prima la parte alta dei polmoni, poi il torace, infine l’addome.
- Serve a rilasciare tossine e tensioni.
4. Bahir Kumbhaka (Ritenzione a polmoni vuoti)
- Dopo l’espirazione, resti senza aria per alcuni secondi.
- È un vuoto fertile: silenzio interiore, sospensione.
- Aumenta la resilienza mentale e dona uno stato di pace profonda.
Un esempio di proporzione è il 4-4-4-4: inspiri 4 secondi, trattieni 4, espiri 4, trattieni a vuoto 4. Puoi provare anche tu questa tecnica in autonomia.
La mia pratica di respirazione consapevole
Con il tempo ho provato entrambe le tipologie di respirazione, ma richiedevano sempre un’alta concentrazione per un tempo troppo breve.
La pratica che sto per descriverti è nata per caso ed è di una semplicità disarmante.
Un giorno, durante una meditazione, sono scesa in uno stato profondo in cui la mente non esisteva più. Solitamente, per raggiungere questo stato con la mindfulness, si usano proprio le due tecniche descritte sopra. Io però non le avevo mai applicate in meditazione. Quel giorno, invece, mi sono trovata sospesa in una pace assoluta per 10-15 minuti.
La mente, ovviamente, deve essere allenata a mantenere questi stati. Infatti, ad un certo punto, si è risvegliata e mi ha portato fuori. Il primo istinto, uscendo da quello stato, è stato riprendere aria.
Mi sono resa conto che respiravo appena e che proprio grazie a questa sospensione la mente era scomparsa. Come dice Sri Ramana Maharshi:
“Non c’è dubbio che il controllo del respiro sia il mezzo efficace per il controllo della mente, perché la mente, come il respiro, è parte dell’aria; la natura della mobilità è infatti comune ad entrambi: il luogo di origine è lo stesso e, quando viene controllato uno dei due, è controllato anche l’altro.”
(Tratto dal libro: Chi sono io? Gli insegnamenti di Sri Ramana Maharashi)
Applicazione nella vita quotidiana
Il primo pensiero è stato: se riesco a calmare così la mente in meditazione, perché non provare lo stesso principio nei momenti di ansia?
Infatti, al primo accenno di agitazione in ufficio, sono corsa in bagno. Ho preso aria come prima di un tuffo in piscina e ho trattenuto il respiro il più a lungo possibile. Non ho contato i secondi, non ho seguito schemi: semplicemente ho sospeso il respiro. Dopo due tentativi, l’ansia era svanita.
Nota importante
Questo metodo non deve assolutamente sostituire l’aiuto di un professionista o le cure mediche prescritte. È soltanto un supporto personale, una sorta di palliativo naturale per calmare la mente.
Sentiti libero di sperimentare questa tecnica e osservare come reagisce la tua mente nei momenti di difficoltà.
Se la provi, mi farà molto piacere sapere la tua esperienza: condividila con me, così potremo confrontarci e crescere insieme.


