Senso di colpa: cosa si nasconde dietro

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La paura più grande dell’essere umano, dopo quella della morte, è la paura inconscia di non valere nulla agli occhi degli altri. Quando si prova questo senso di vuoto, significa che dentro di te stanno agendo ricordi emotivi o ferite che la tua autostima ha subito durante l’infanzia. Anch’io ci sono passata: il mio senso di colpa, così opprimente, ha persino contribuito alla paresi della parte destra del mio corpo, eppure oggi non ha più potere su di me.

Cosa nasconde il senso di colpa

Il senso di colpa nella mia vita è sempre stato molto marcato e spesso tutti ne hanno approfittato, consciamente o meno. I miei genitori, in primis, vuoi per paura e quindi innescando entrambi la ferita del controllore, lo hanno fatto così a lungo che persino nella scelta dei fidanzati mi bloccavo: temevo che nessuno fosse mai all’altezza dei loro standard.

Con il tempo mi sono resa conto che questa pressione guidava ogni mia scelta. Non riuscivo a licenziarmi dal vecchio lavoro e, quando finalmente l’ho fatto, nonostante lavorassi già per un’altra azienda, continuavo comunque a lavorare per quella vecchia, perché il senso di colpa mi imponeva di non lasciarli soli nella situazione che, a mio avviso, avevo creato andandomene.

Il bisogno di riconoscimento e il senso di colpa mi spingevano sempre a fare di più, a lavorare il doppio, per ottenere amore e approvazione. Fino alla paresi, che mi ha fatto capire che non potevo più continuare così: era necessario affrontare e comprendere le radici di questo meccanismo mentale. Per saperne di più puoi vedere il mio video su YouTube.

Il metodo più utilizzato per controllarci nel contesto familiare, scolastico e religioso è quello che logora l’anima attraverso la colpa, portando la persona a sentirsi sola, isolata e sbagliata. A causa di questa “tecnica” si innescano abbandoni, critiche malevoli, ingiustizie, ovvero tutta una serie di episodi che hanno portato a un vero e proprio complesso sociale.

Il tema centrale di questa paura è “una incertezza emotiva” sulla percezione del nostro valore che abbiamo di noi stessi, ma che soprattutto proviene da chi ci è più vicino. Il mio senso di colpa era così marcato che, solo due mesi fa, ho compreso che aveva scatenato il burnout. Mi sentivo sempre in colpa per due motivazioni principali:

Mi sentivo in colpa come dicevo prima, perché andandomene non c’era nessuno in grado di sostituirmi e l’altra motivazione era di guadagnare più degli altri e quindi dovevo giustificare ai loro occhi il perché meritavo quel premio, lavorando quasi h24, 7 giorni su 7, per non perdere l’approvazione e il bene dei colleghi.

Questo ha creato in me un fortissimo scompenso. Come mi dicevano in tanti, ero alienata: dovevo sempre essere super performante per gli altri e risolvere tutti i loro problemi; altrimenti il senso di colpa scattava. Non ci dormivo la notte per questa cosa: avevo ansia e tachicardia. Facevo tantissima fatica a dire di no alle persone, non sapevo mettere i paletti e solo dopo la paresi e la paura conseguente che ho capito che dovevo smetterla, ma dovevo scovare la motivazione che mi portava a questo meccanismo mentale perché io non avevo capito assolutamente che si trattasse di senso di colpa.

Per capire quale fosse la causa alla base di questo mio meccanismo, tengo solitamente un diario in cui scrivo tutto ciò che mi fa stare male. Risalendo a ritroso tra le pagine, le parole che più spesso ricorrevano erano: senso di colpa, riconoscimento e giudizio.

Per venire fuori da questa situazione ho iniziato a leggere libri che trattassero del senso di colpa e quello che è stato più illuminante, anche per il concetto di libero arbitrio, è quello di Lucio Della Seta – Come debellare il senso di colpa. Il testo spiega come il bambino, fin da piccolo, impari a cercare il ben volere del prossimo per poter sopravvivere.

Della Seta spiega che il bambino, fin da piccolo, si riflette negli occhi e nei comportamenti degli adulti, imparando così che per sopravvivere e sentirsi al sicuro è necessario ottenere il ben volere degli altri. Fin dalla più tenera età capisce che cibo, cure e soprattutto amore dipendono dal suo comportamento corretto.

I genitori, come gli insegnanti e la religione, detengono, attraverso l’uso della colpevolizzazione, il potere inconscio di far nascere nell’essere umano il dubbio o la certezza di essere sbagliato. Infatti, la colpevolizzazione è lo strumento più potente al mondo per controllare o distruggere l’autostima di qualcuno.

Il senso di colpa, come accennavo prima, è una tecnica manipolativa che solitamente viene usata con i bambini, ma anche all’interno delle relazioni sentimentali, nel contesto lavorativo e amicale. Questo viene applicato con aggressioni fisiche o verbali, a volte esplicite, altre molto e abilmente velate. Non sempre avviene in maniera conscia; infatti è un sistema innato dentro di noi e molte volte viene messo in pratica inconsciamente, perché non conosciamo altro modo, proprio perché ci è sempre stato insegnato così.

Le modalità con cui il senso di colpa viene messo in pratica solitamente sono il rimprovero, il distacco o anche il silenzio punitivo. Questo porta la persona a provare:

  • Rimorso per aver commesso un’azione ingiusta;
  • Il sentimento conseguente a una brutta figura;
  • Gli stati d’animo di inferiorità e inadeguatezza;
  • La paura di essere aggrediti o comunque puniti;

Il bambino che prova questi sensi di colpa, avrà paura di realizzare i propri sogni e desideri perché rappresentano una trasgressione. Quindi è costretto ha rinunciare ai propri sogni, oppure viverli in parte o addirittura creando una vita parallela di cui i genitori non sono a conoscenza.

Creando un enorme compromesso inconscio tra le richieste genitoriali e la propria visione personale del mondo e della propria realizzazione, creando la così detta “morte psichica” come dice Lucio Della Seta, che evoca il sentimento della morte come “non essere” ovvero quello di sentirsi invisibili, non riconosciuti per quello che si è veramente.

Essendo invisibili e quindi non riconosciuti, ci sentiamo quasi non in diritto di esistere, e questo scatena la sopraffazione del prossimo nei nostri confronti. Lasciamo sempre la porta aperta, e chiunque entri può fare qualsiasi cosa di noi attraverso il controllo manipolativo del senso di colpa perché senza l’altro noi non ci possiamo rispecchiare e quindi non siamo nessuno.

Reazione al Senso di colpa

Questa sensazione interiore, se ci fai molta attenzione, ti dà la sensazione di star per morire se non ti attieni a quello che vogliono gli altri, perché il gruppo inevitabilmente ti escluderebbe e si sperimenterebbe la solitudine. Questo si attiva perché il senso di colpa si alimenta dell’inconsapevolezza del proprio valore e della mancanza di autostima.

Il “tribunale interiore” ci logora la vita con il senso di colpa e si alimenta e cresce quando le persone esterne ci fanno sentire in colpa oppure sbagliati.

Le persone più inclini sono coloro che hanno un alto grado di sensibilità; in quanto hanno un’impressionabilità alta, per questo motivo dovrebbero essere educate in modo “leggero” affinché non venga lesa la loro autostima. Quelli, invece, meno “impressionabili” tendono ad essere meno inclini al senso di colpa e, di conseguenza, sono anche più difficili da educare nel senso che tenderanno a tenere poco conto dell’esistenza del prossimo.

Quindi tutte le colpevolizzazioni usano come ricatto il ritiro dell’affetto, che ovviamente un bambino piccolo vede come paura dell’abbandono; in questo modo si ostacola il suo sviluppo autonomo e lo si tiene, suo malgrado, in una situazione di dipendenza eccessiva dall’idea dei genitori. Ed è proprio quello che è successo a me!

Basavo le mie scelte di vita, lavorative e sentimentali, in base all’approvazione o meno dei miei genitori, che hanno utilizzato abilmente questa tecnica per oltre 30 anni. Mi sentivo talmente male e in colpa, ma soprattutto provavo quella sensazione di morte. Se avessi deciso di andare contro il loro volere, sarei rimasta sola e non sarei mai riuscita a sopravvivere; vedevo la sopravvivenza solo in questa direzione: approvazione dei genitori uguale sopravvivenza.

Come ho superato il senso di colpa

Erano mesi che cercavo di eliminare quel senso di colpa malsano che mi distruggeva la vita, che non mi permetteva di essere me stessa e, quindi, di non avere libero arbitrio, un riflesso di quello che vogliono gli altri. Anche dopo essermi licenziata a maggio 2025, e nonostante i problemi di salute, continuavo a lavorare perché mi sentivo in colpa a restare ferma, a non fare nulla: che è anche il modus operandi con cui mi ha cresciuto il mio babbo, che non si può restare fermi; bisogna sempre fare e lavorare.

Il mio babbo, per 35 anni, si è alzato tutte le mattine alle 4:00 per andare a lavorare, prendendo il treno per insegnare a Firenze, e al ritorno svolgeva il suo lavoro da lavoratore indipendente fino alle 21:00. Io, ovviamente, mi sentivo in errore e dovevo rispettare questo standard lavorativo. Anche il mio compagno è uguale dal punto di vista lavorativo, quindi il senso di colpa si è creato anche nei suoi confronti.

Sentivo che comunque non reggevo più e che mi dovevo fermare: dovevo imparare più a essere che a fare. Piano piano ho iniziato a riformulare le mie giornate, strapiene di impegni e corsi; ho iniziato a togliere attività, anche perché un altro mio problema è quello di iniziare tante attività per amor di conoscenza e non portarle a termine per mancanza di tempo.

Quando sono andata al controllo dallo psichiatra per il problema del blocco della gamba dovuto allo stress, ho avuto l’illuminazione sul mio senso di colpa: non mi posso sentire in colpa per le scelte di vita che hanno deciso di intraprendere gli altri, scelte fatte liberamente; e io, per questo senso di colpa, non posso lavorare quanto loro, perché ho fatto consapevolmente un’altra tipologia di scelta di vita per il mio benessere psicofisico.

Proprio perché io non sono come loro, anche loro hanno il potere decisionale di cambiare la loro vita; se decidono di lavorare molto più di quello che ho scelto io per la mia vita, non posso provare né colpa né emularli. Non posso provare colpa perché non è colpa mia: questa è la mia vita e scelgo io cosa fare! Il mio impulso compulsivo a fare sempre nuove cose era dettato inconsciamente dal senso di colpa, dal non fare abbastanza e dal non sentirmi all’altezza — ma questo sarà un altro articolo, altrimenti il Signore degli Anelli sembrerebbe quasi un racconto breve!

Da quel momento non ho più provato il senso di colpa malsano. Il cuore è tornato, dopo tantissimi mesi, a battere normalmente perché l’ansia si è dissipata. Anche la gamba è migliorata leggermente, anche se tutt’ora ho problemi. Il tempo si è dilatato: prima continuavo a dire che 24 ore non mi bastavano mai per fare tutto quello che volevo, ma iniziando a fare meno e portando le cose a termine, il tempo sembra quasi avanzare. Inoltre, le persone non hanno più potere su di me e non riescono più a controllarmi attraverso il senso di colpa.

Fate un’attenta analisi di voi stessi e cercate di comprendere se il senso di colpa sta logorando la vostra vita, se le vostre scelte sono dettate dal senso di colpa e se, inconsciamente, sono gli altri che hanno deciso la vostra attuale vita; valutate se è il caso di lavorarci per interrompere questo circolo vizioso.

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